ZZLa Carta De Logu di Eleonora d'Arb.B

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Pubblicato Domenica, 24 Novembre 2019 11:59
Scritto da Giuseppe
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ZZ La Carta de Logu di Eleonora d’Arb. B (Seconda parte)

Capitolo XLV°: ordinanze per il fuoco > ordinamentos de Fogu. L’ordinanza vieta di accendere il fuoco nelle campagne sino al termine della festa di Santa Maria e cioè sino all’8 settembre. N.d.R.: il 9 settembre iniziava l’anno agricolo. A partire da tale data, venivano rinnovati i contratti riguardanti l’agricoltura e la pastorizia. > chi nexuna persona deppiat, ne pozzat ponni fogu infini a passàda sa festa de Santa Maria, chi est a die ottu de Capudanni (settembre). Chi non obbedisce all’ordinamento paghi lire 25 di multa oltre i danni. Dal 9 settembre si può accendere il fuoco in campagna , purché non rechi danno ad altri. Se infatti procura danno… paghi lire 10 di multa , ,oltre il danno… o altrimenti sarà condotto in prigione e vi starà a volontà del Giudice. N.d.R. l’ordinamento non contiene la data di inizio in cui è proibito il fuoco nelle campagne, ma la si può dedurre dal capitolo XLIX, in cui è citata la data del 29 Giugno (Làmpadas), come scadenza per la creazione delle fasce antincendio.

Capitolo XLVI°: chi appicca il fuoco volontariamente in casa altrui…e causa danno a cose e persone … sia legato ad un palo e bruciato vivo > e siat juygadu dellu ligari a unu palu e fagherillu arder.

Capitolo XLVII° : chi causa incendio nell’aia col grano mietuto o al campo di grano non mietuto o a vigna o a orto… sia condannato a pagare il danno e la multa di 50 lire alla Corte… e se non paga gli venga amputata la mano destra.

Capitolo XLIX°: … creare una fascia antincendio… > de fagheri sa doha pro guardia de su fogu. Ciascun villaggio, nelle sue campagne… > ciascaduna Villa in s’habitacioni sua… pro Santu Pedru de Lampadas ( per san Pietro di Giugno - 29 -). N.d.R. sa doha è la striscia o fascia antincendio. Deriva dal latino doga, che però significa recipiente. In lingua sarda doa o doga de carràda è la doga della botte. > chi fogu nolla barighit sa ditta doha = che il fuoco non superi detta striscia; > e si fogu illa barighit e faghit perdimentu = e se il fuoco supera detta striscia e crea danni… quel villaggio paghi dieci soldi per uomo ed il Curatore de Villa (alias Mayore) paghi dieci lire alla Corte.

Capitolo L° >Ordinamenti su Liti e Citazioni. > Ordinamentos di Chertos e Nunzas (Chertos dal latino certare = litigare: Certidus in Campidanese); Nunzas dal latino nuntiare = citare in giudizio, intimare (si dice in lingua sarda ghettai is intimas = intimare. Fra le varie citazioni: la prostituta che ruba in casa del drudo è tenuta a rendere ciò che ha rubato ed altrettanto vale per il drudo che ruba in casa della concubina.

Capitolo LI° > Testamenti ed ultime volontà > Dessos Testamentos ed ultimas Voluntadis: considerata la mancanza di notai, nell’isola, o il loro esiguo numero, viene stabilito che le buone e pie cause non restino senza compimento e che i testamenti siano validi (bagiant) come fatti dai notai, purché siano fatti nella forma dovuta > in sa forma dépida: generalmente per mano del curato del villaggio no da pubblico scrivano o dall’ufficiale della Contràda o da uno scrivano del posto, ma in questo caso, alla presenza di un minimo di 5 testimoni > chi si pozzat fagheri per manos de alcunu Scrivanu dessu logu, inpresencia de chimbi testimongios pro su minimu.

Capitolo LII° > gli avvisi di garanzia: per una casa, un fondo o altro possesso. Quando la denuncia è di Corona de Logu over de Corona de Chida de Berrùda. N.d.R. Sa Corona de Logu è il Tribunale Supremo, ,presieduto direttamente dal Giudice del Giudicato di Arborea. Per quanto riguarda Sa Corona de Berrùda c’è incertezza: era un Tribunale di Anziani, muniti di berrùda cioè di bastone (di ferro?) che li distingueva, con funzioni settimanali (chida), come suppone il commentatore Don Giovanni Maria Mameli de Mannelli, ed anche il canonico Spano, o era invece un Tribunale formato da una squadra di giovani armati di Berrùda (lunga lancia con asta di legno duro (0livastro?) e punta di ferro) > sa Chida de Berrùda, incaricata della vigilanza settimanale (Chida) dei confini (iscolcas) del territorio della Contrada o del Giudicato.

Le Citazioni al Tribunale Supremo: sa Cporona de Logu; o al Tribunale di Chida de Berrùda: per una casa, un fondo o un qualsiasi possesso si svolgono secondo la prassi seguente: chi espone denuncia sia messo sotto giuramento davanti al Curatore del Processo, il quale a sua volta ripete la Citazione in presenza di tre uomini (come Testimoni), ma se trova l’interessato (il querelato) gliela da personalmente e gli fissa l’udienza; se non lo trova, lascia l’avviso nella sua casa d’abitazione, sempre in presenza di tre uomini del villaggio, come testimoni. Il citato in giudizio, si deve presentare davanti al Giudice entro 8 giorni o un massimo di 15 giorni, per rispondere, sempre davanti al Giudice alla persona che lo cita. Se il denunciato non si presenta entro il tempo stabilito, il possesso, o casa o altro, oggetto della lite, è concesso al querelante. Ma se il querelante si presenta entro un anno dall’ultima citazione e paga tutte le spese nel frattempo sostenute, rientra provvisoriamente in possesso dell’oggetto in causa, sino a che il Tribunale emetta sentenza definitiva. Finito il Processo, sarà compito dell’Armentario di Corte dare soddisfazione al vincitore, come a lui parrà giusto: > segundu chi hat a prri de attaxàri a s’Armentariu Nostru de Logu. N.d.R. > attaxàri deriva probabilmente dal latino taxare, nel significato di stabilire o determinare i prezzi, le somme dovute e le quote per le spese del processo.

Capitolo LIII° Delle Citazioni del Tribunale Maggiore o del Tribunale di Chida de Berrùda o del Tribunale di Porto o altro. Se l’accusato non si presenta nei termini stabiliti (in contumacia) > non compargiat in termen – per la prima volta non perde la causa, ma paga 6 Lire di multa, 20 Lire la seconda volta; alla terza perde la causa, secondo l’antica usanza e ciò s’intenda per il caso in cui un sardo denuncia un continentale e viceversa > e simigiamenti s’intendat pro su Terramingiesu a su sadru o su sadru a su terramingiesu. N.d.R.Terramingiu/zu o Terramanna è il Continente e terraminzesus o terramannesus sono i continentali. Se la persona citata non può presentarsi all’udienza e però presenta prova che dimostri la causa di forza maggiore, non perda la causa, anche se non risarcisce la spesa alla persona che l’ha citata.

 

Capitolo LIV° Citazione per imbroglio o per altro torto. Chi denuncia una persona per malefatta e l’interessato trova la denuncia e scappa per paura; rinnova la denuncia e non trova la persona, consegni la citazione alla sua casa in presenza di testimoni, se vi trova qualcuno. Se il querelato non si presenta entro 15 giorni, perde la causa.

 

Capitolo LIX° Sul prestito o altro mutuo > dess’imprestanzia chi si fait s’unu a s’ateru. E si giunge al litigio e si chiami la Corte a decidere chi perde e chi vince. Chi denuncia paga alla Corte di quattro uno (un quarto) per il mutuo, di cinque uno per il prestito.

 

Capitolo LXIV°. L’uomo di buona fama non sia messo a tortura, > de no poni s’homini de bona fama a turmentu pro chertu de fura. Se l’uomo è di cattiva fama possa essere messo a tortura > si cuss’homini est de mala fama si pozzat mittere a turmentu. Se è di buona fama e non ci sono testimoni che egli sia messo sotto giuramento dal Giudice e sia poi libero se si dichiara non colpevole dall’ accusa mossa contro di lui.

 

Capitolo LXVII° - Chi possiede per 30 anni e più terra pubblica, ecclesiastica o privata. (è il capitolo che tratta l’usucapione), secondo la Carta de Logu. Chi possiede terra pubblica – De su Rennu – per più di 50 anni o terra della Chiesa per più di 40 anni, o terra privata per più di 30 anni e nel suddetto periodo non viene richiesta dai legittimi proprietari, ne divengono padroni a tutti gli effetti. (Clausola > purché non ci siano orfani o minori, i quali non hanno avuto l’opportunità di reclamare > e non prejudichit assos orfanos e minoris , che non accattatint tempus de dimandari sa rexoni issoru < N.d.R. Il Capitolo è estremamente interessante sotto l’aspetto storico, giuridico ed economico: salvaguarda persino i minori di età e gli orfani. Sotto l’aspetto storico ci sembra bene fare riferimento ad esempi di altre esperienze; l’usucapione per le terre private trova infatti riscontro nei Placiti Benenettini (scritture e testamenti che vengono ricordati dai testi scolastici di Storia della Letteratura Italiana come primi documenti del Volgare Italiano - siamo intorno al 960), tra i quali uno recita: Sao Co Kelle Terre Per Kelli Fini Que Ki Contene, Trenta Anni Le Possete Parte Sancti Benedicti = so che quelle terre, contenute entro quei confini, le ha possedute per trenta anni l’Amministrazione del Convento di San Benedetto.

 

Capitolo LXIII° - Chi possiede legittimamente un oggetto, un arnese, o altro, per almeno tre anni e non gli viene richiesto per tutta la durata delenta padrone > passadu su dittu tempus (de annos tres), non indelli pozzat esser fatta plus questioni.

 

Capitolo LXXI° per la costituzione dei Tribunali (le Corone) e come istruire i Processi. È un capitolo di notevole importanza: ne riassumiamo in breve i contenuti. Essi, i Tribunali ( Coronas), devono essere composti da almeno 5 uomini. Chi manda le citazioni (is intimas, diciamo noi in campidanese), può chiamare a testimoniare sino a dieci persone. Lo scrivano (su scrianu = il cancelliere) deve registrare tutto. I testimoni devono aver compiuto 18 anni di età > né pozzat chiamari homini perunu pro testimongiu, chi non havirit detghiottu annos cumplidos. I testimoni devono prestare giuramento e testimoniare davanti ad ambo le parti. Prima però l’Ufficiale o Curatore del Tribunale (de Corona), con lo scrivano e tre giurati, devono esaminare e chiedere ad uno ad uno, separatamente e che nessuna delle parti li senta e che venga messo a verbale tutto quello che dicono e che detti verbali siano recitati durante le Udienze. Le Parti poi potranno accettare o respingere quanto verbalizzato, per cui, per trovare prove pro o contro, hanno tempo di 8 giorni. Il Presidente e la Giuria decideranno in base a ciò che loro parrà giusto. Ma che nessuna sentenza possa andare contro la Carta de Logu > in coscienza dessas animas issoru, sa megius ragioni e justicia … non judicando però contra sa Carta de Logu < pena la non validità della sentenza e la multa (questa non poteva mancare !).

 

ZZ la carta de logu 10

 

Capitolo LXXII. Procuratori o Avvocati non possono esprimere giudizi o fungere da Giudici, pena la multa di Lire 25 per ciascuna volta in cui giudicano > a pena de liras vintichimbi pro ciascaduna volta chi judicarit <. L’Ufficiale che ne chiama uno e lo lascia giudicare, ben sapendo quello che fa > ischiendolu < paghi pure lui l’ammenda di lire 25 ed il giudizio sia nullo e di nessun valore. N.d.R. Gli Avvocati o i Procuratori ( in questo caso il significato di Procuratore è di persona munita di procura e cioè rappresentante volontario di una persona, sia fisica che giuridica, e agisce in nome e per conto di questa. Questi non possono fungere da giudici ed emettere sentenze.

 

Capitolo LXXIII° per riscontro del precedente capitolo. … Che nessun Uditore , Ufficiale o Notaio possa essere Procuratore o Avvocato nel suo Ufficio. Cioè nessun Uditore della Nostra Udienza né Ufficiale, Maggiore o Minore può fungere da avvocato nell’esercizio delle proprie funzioni. N.d.R. Il termine uditore era la qualifica che avevano alcuni magistrati civili ed ecclesiastici. L’uditore era quindi un giudice o magistrato ordinario all’inizio di carriera o giudice istruttore degli atti dei Processi. Oggi nei Processi Il Procuratore o Procuratore della Repubblica rappresenta la pubblica accusa per parte dello Stato. Nella Carta de Logu il Procuratore è un rappresentante volontario (in difesa) di una persona privata o di persone private.

 

Capitolo LXXIV° I Testimoni. Sardi o Continentali sono chiamati a testimoniare e devono prestare giuramento davanti al Presidente del Tribunale > siant tenudos de jurari in manos dess’Officiali de sa Corona <.

 

Capitolo LXXV° Per falsa testimonianza. Chi testimonia il falso e lo fa coscientemente, paga 50 Lire di multa (machicia) alla Corte (a su Rennu), entro 15 giorni dalla sentenza. Se non paga gli si metta un amo alla lingua e sia condotto a suon di frustate per tutto il territorio sino all’immondezzaio, nel quale gli venga tagliata la lingua e sia poi lasciato libero e non gli sia più data fiducia per sempre e per nessun motivo > paghit liras chimbanta infra dies bindighi e si non pagat siat illi missidu unu amu in sa limba e giugatsi (*) affrustando po tota sa Terra infini a su muntonargiu ed innie s’illi tagit sa limba. (*)Giugatsi viene da giughere, del valore del latino ducere = condurre.

 

CapitoloLXXVII°. Per le cause di grande importanza e dove sussiste incertezza (cioè in caso di difficoltà ad esprimere giusta sentenza), il Giudice (ufficiale) si consulti con i nostri Savi (il Consiglio degli Anziani di Corte). Per una questione di giustizia, qualora, nelle grosse ncause, non si raggiunga un verdetto unanime > dessu quali sos Lieros (giurati, componenti la Giuriia) de sa ditta Corona (Tribunale) esserint perdidos e divididos in su jugari issoru…, intervengano i Savi di Corte a nominare il Giudice che deve reggere il Tribunale … e la sentenza sia letta e pubblicata e mandata ad esecuzione se non c’è appello entro 10 giorni… > si appelladu non est infra tempus legittimu de dies deghi, cumenti cumandat sa Leggi ( nelle Cause di rilevante importanza, nelle quali c’erano difficoltà ad esprimere il verdetto, interveniva il Tribunale Superiore ( della Corte), che emetteva sentenze inappellabili.

 

Capitolo LXXVIII° - quando in una lite una parte si sente troppo gravata dalla sentenza … si possa Appellare almeno due volte e non oltre, ma nello spazio di tempo stabilito di giorni 10, come comanda la Legge > si pozzat, si volit, appellari, intra su tempus ordinadu dae sa ragioni, duas voltas … e non si pozzat appellari plus.

 

Capitolo LXXIX° > i ricorsi in Appello che si facciano per iscritto. I ricorsi si fanno a viva voce o per iscritto, sempre nei giorni dieci stabiliti > viva voce o per iscrittu infra dies deghi… dalla sentenza. L’Appello scritto deve essere presentato alla Corte entro altri 15 giorni, qualora la mancata presentazione non sia per trascuratezza del Notaio o dello Scrivano > si già non remanerit pro culpa dessu Nodayu over Scrianu, chi nollu darit a su processu infra su dittu tempus…

 

Capitolo LXXX° > Che non si possano portare in Appello le sentenze che comprendono pene pecuniarie sotto i cento soldi (= dieci lire). Per risparmiare spese ai nostri sudditi e litiganti … non si debba fare appello su questioni o liti sotto i cento soldi > supra alcuna questioni nostra o chertu , chi esserit dae centu soddos ingiossu … se pure si faccia l’appello , non abbia valore alcuno > in casu chi s’appellarit, volemus chi ditta appellacioni non bagiat.

 

Capitolo LXXXI° La caccia nei boschi, riserve del Curatore de Villa. È dovere degli uomini dei Villaggi e delle Curatorie (Riserve di caccia del Curatore) di andare a caccia almeno una volta l’anno e di consegnare la preda al Curatore e che il Liere de Cavallu (il guardaboschi o il guardacaccia) che verrà citato e non ci andrà, paghi due soldi al Curatore, se non presenta giustificazione attendibile. > e chi su Liere de Cavallu, chi hat a esser nunzadu e non illoy andarit, paghit a su Curadori soddos duos, si veramenti non havirit excusa legittima. Il territorio boschivo era riservato, almeno in parte, alla caccia del Curatore,. Il quale provvedeva anche alla mensa del Giudice.

 

Capitolo LXXXII°: Per chi non porta le prede uccise al luogo di raccolta. Se un cacciatore cattura una preda, cinghiale o cervo o daino e non la porta al luogo di raccolta (su goletorgiu - vedi nota) e non hat a venner a goletorgiu cun su pegus – paghi per multa (machicia) al Regno (su Rennu) un bue e per il Curatore dieci soldi (una lira) > levintilli pro su Rennu boi unu e pro su Curadori soddos deghi. Nota n° 144 del testo: il commentatore Don Giovanni Maria Mameli de Mannelli non chiarisce l’etimologia del Termine Goletorgiu (luogo di raccolta) mentre ne da il giusto valore semantico. Ia parola deriva dal tardo latino Collectorium, che ha proprio il significato di luogo di raccolta: deverbale da colligo – colligere = raccogliere).

 

Capitolo LXXXIII°. Per chi entra armato nella riserva di caccia. Ordiniamo che all’uomo che va a caccia armato in riserva o nostra (de su Rennu) o del Curatore (de Villa) gli vengano tolte ( per ammenda) 10 pecore se si tratta di riserva nostra (de su Rennu), un bue se si tratta di riserva del Curatore e perda inoltre l’arma, ma la pena non viene inflitta per la verga (asta), il coltello o la spada. Nota: non si capisce bene cosa si intenda per uomo armato (armadu): non si può pensare ad arma da fuoco, tipo archibugio, perché troppo presto; si può invece pensare a lacci, reti ed alla balestra: infatti con questi attrezzi era molto più facile catturare cinghiali, daini, cervi e mufloni.

 

Capitolo LXXXIV. Per chi ruba cervo al segugio. > De chi hat a levari su cerbu dae su Jagaru (vedi Nota n° 1). E sopraggiunge il battitore > e lompit (nota n° 2°) illoy su Canargiu – e il ladro non restituisce la preda > e non torrat su pegus – paghi un bue al Regno (a su Rennu) e venti soldi al battitore, se riesce a convincerlo a darglieli, dei quali soldi un terzo vada al Curatore. Nota 1^: su Jiagaru è un cane da caccia o meglio da seguita (segugio), per distinguerlo da cani de Loru (cane da guardia): vedi cap. XXX°; ma proprio di recente ho sentito da un cacciatore di Gonnosfanadiga il termine Jagareddu, per indicare un piccolo segugio. Nota 2^: lompit, indicativo presente da lompiri = giungere, arrivare, pervenire; in latino troviamo clompere, con lo stesso significato. Nel Condaghe di San Pietro di Silki, al cap. 5, troviamo … et clompet assa petra longa de Arave (località, villaggio scomparso, i cui resti di trovano in territorio di Usini)), che tradotto in Campidanese attuale recita … e nci lompit (arriva) assa Pedra Longa de Arave.

 

CapitoloLXXXV°. Per chi mette erbe tossiche nelle acque: torrenti, ruscelli e bacini; ovvero euforbie (dittinella, Dafne Gnidia) per la pesca, prima di San Michele di Settembre (29) - > de chi hat a cundiri abba over alluàri innantis de Santu Miali de Capudanni > chi viene trovato a fare tali cose paghi al Regno soldi 20 ed al Curatore soldi 10 = una lira. È compito dell’Ufficiale fare la vigilanza e coinvolgere le guardie secondo quanto già disposto dalla Carta de Logu cap. XIX° Oggi, ruscelli e torrenti subiscono sorte peggiore, perché al posto delle euforbie ( sa lua o su truiscu) mettono il cloro se non addirittura liquidi velenosi, che annientano letteralmente la fauna ittica dei corsi d’acqua dolce.

 

Capitolo LXXXVI°. Per le persone che usano pesi e misure false: stadera o canna (vedi nota ). Se una persona viene sorpresa dai nostri controllori ad usare pesi e misure false … sia condannato a pagare alla Nostra Camera (assu Rennu) la multa di lire 25. Volemus et Ordinamus chi cussa persona chi s’hat accattari perì sos Officialis nostros, mesura o stadea falsa, siat cundennàda di pagari assa Camara Nostra vintighimbi … a bindighi dies (entro 15 giorni… e se non paga … assu dittu termen, siat affrustàda pro tottu su logu hui hat a haviri cummissìdu su delittu ( … entro la detta scadenza e sia fustigata in tutti i posti, in cui ha commesso frode. Nota: prima del sistema metrico decimale, per misurare i terreni si usava una “canna”, la cui lunghezza variava da regione a regione, anche se di poco; ad esempio in Sardegna era di circa dieci palmi, cioè di circa 2 metri e mezzo. La Stdera è la bilancia tradizionale, formata da un’asta orizzontale (tarata in chilogrammi e frazioni mediante suddivisone a tacche, lungo le quali scorre un peso “equilibratore”), retta da un gancio superiore, che sorregge a sua volta, un altro gancio, che funge da fulcro, a cui è appeso, con catenine, un piatto metallico, generalmente di rame o di ottone, su cui si deposita la merce, che si vuol pesare. In quasi tutte le “vecchie case” dei paesi della Sardegna, la stadera è presente, generalmente appesa ad una parete della cucina, sempre lucida ed efficiente.