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ZZDICIUS/E

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DICIUS/E

 

E benimindi! E vienimene! L’espressione si usa quando uno ha le scatole piene del cattivo comportamento di un altro.

 

E drìnghili  drìnghili a  sa mesucànna! Non si può rendere in italiano. L’espressione, molto simile alla precedente, indica lo stato di nervosismo in cui si trova una persona che è stanca del comportamento di un’altra. Ad esempio, la madre che, mentre lava i panni al torrente, rimprovera il figlioletto il quale continua a lanciare pietre sull’acqua facendola schizzare dappertutto, per cui lei esclama: “ E nosu drìnghili a sa mesucànna”! Significa anche che stanno per partire le sculacciate.  

 

Est a poni a Deus o a Gesu Cristu cun d'u’ matzu de sparau: è come paragonare Dio o Gesù Cristo con un mazzo di asparagi. Nelle discussioni tra amici si fanno spesso dei paragoni: si usa il detto quando questi sono particolarmente strampalati e senza logica alcuna.

 

  1. essere alla fine della botte. Il detto può avere diversi significati, ad esempio si usa quando uno, dopo aver chiacchierato a lungo comincia a toccare il fondo ed a rivangare cose che è meglio dimenticare.
  2. : essere sul punto di rompere le arnie. Questo lavoro si fa per la raccolta del miele, ma il detto ( simile ai due precedenti) indica l’azione impertinente ed insistente di una o di più persone nei confronti di altre, che sono innervosite dal comportamento poco delicato delle prime.
  3. : essere come una sanguisuga. Ottimo rimedio contro la malaria o la polmonite, la sanguisuga, quella vera, ma la sanguisuga umana ( l’usuraio) è da togliere via dalla faccia della terra.
  4. : non si traduce bene in italiano. Dovrebbe dare, leccato e dipinto col significato di tale e quale. L’espressione si usa per indicare una forte rassomiglianza tra due: “Su fillu esti lintu e pintu su babbu”! = il figlio è tale e quale il padre. Spesso è detto in senso ironico
  5. : essere puzzolente come un ariete. Si dice delle persone che non si lavano quasi mai ed emanano odore di sudiciume stantio. È sempre famosa la barzelletta in cui un sardo, col suo fetore, fece scappare l’ariete dalla stalla.
  6. essere suonato come una campana ( soprattutto se la campana è vecchia; qui a Gonnos diciamo spesso: “ Sonau che sa campana de Santa Sera”! = suonato come la campana di Santa Severa; si tratta di una piccola campana del 1388, ancora in ottimoÈ un proverbio comune, usato per indicare una persona che si comporta in modo piuttosto stravagante e non si rende conto del suo stato.
  7. essere suonato come la pelle di un asino. Si intende la pelle dell’asino con la quale si è fatto un tamburo, quindi: suonato come un

 

Essi a ogus de gattu; (ogus de pisittu): occhi di gatto. È proprio della persona che osserva con troppa attenzione cose che non la riguardano. Non è ben tollerata dai sardi l’eccessiva curiosità.

 

Essi arreu cumenti de su cani de Cara: essere sempre in giro come il cane di Cara. Chi sia questo sig. Cara nessuno lo sa, ma probabilmente aveva un cane vagabondo. È spesso il rimprovero che una madre rivolge al proprio figlio( o figlia), che sta sempre in giro con gli amici e non ricorda il dovere scolastico.

 

Essi arreu cumenti de una craba sen’’e mèri: essere in giro come una capra senza padrone. Ha lo stesso significato del precedente con qualche piccola differenza. Questo infatti è solitamente riferito a una donna ( madre di famiglia), che, con la scusa di fare spese varie, se ne sta sempre in giro trascurando la casa.

 

Essi bonu contzillèri po is aterus e malu po si e tottu: essere un buon consigliere per gli altri e cattivo per se stesso. Strano ma vero: ci sono persone che sanno dare dei buoni consigli agli altri e nei propri affari sono cattivi consiglieri.

 

Essi che pedrischèdda in sa crapìtta: essere come una pietruzza nella scarpa. Quando siamo assillati da uno scocciatore o da un insistente cruccio, ci pare quasi di avere una tagliente e fastidiosissima pietruzza nella scarpa.

 

Essi comenti de s'annàda mala: esser come l’annata cattiva. Quando uno crea soltanto disastri è da temere e possibilmente da tenere lontano quasi come la peste nera.

 

Essi cun d'u’ pei in foras e s’atru aintru: essere con un piede fuori e l’altro dentro. È la situazione di dubbio in cui si trova una persona indecisa. Tale comportamento non è accettato dai sardi, perché lascia supporre un atteggiamento non tanto di paura quanto invece di furbizia.

 

Essi de Luna mala: essere con la Luna di traverso. Ci sono dei momenti in cui tutto ci va di traverso o momenti in cui una immensa tristezza si impadronisce di noi.

 

Essi intre s’incòdia e su martèddu: essere tra l’incudine ed il martello. È la situazione in cui nessuno desidera trovarsi. Quando uno si trova in mezzo alla tempesta, in estremo pericolo di vita, con pochissime speranze di cavarsela, non gli resta che raccomandare l’anima al Creatore.

 

Essi prus su fumu che s’arrustu: più fumo che arrosto. si dice anche: tutto fumo e niente arrosto. Si tratta di un proverbio molto comune. E’ il proverbio tipico del millantatore, che dice di sapere e poter fare tante cose ed invece non combina mai niente o quasi. In questo senso può andar bene anche per molti nostri uomini politici.

 

Essi prus su sonu che su tronu: più il suono del tuono. Il proverbio non è impostato bene. Il significato è simile al precedente.

 

Essi sciugu che sa linna: essere secco come il legno. È un’espressione tipica sarda per indicare un posto secco, ma più spesso una vivanda, ad esempio la carne arrosto quando si presenta piuttosto asciutta. “ Custa petza esti  sciuga che sa linna”! = questa carne è… legnosa!

 

Essi sintzìllu che s’acqua de mitza: essere come l’acqua di sorgente. Il significato del proverbio è essenzialmente morale. Tra le persone si incontrano, anche se di raro, quelle fermamente oneste ed incorruttibili.

 

Essi tostau ke sa pedra murra: essere duro come il granito; avere la testa dura. È il detto che va benissimo per noi sardi, con qualche rara eccezione.

 

Est accabàu su tempus de is paglièttas: è finito il tempo delle pagliette. Finita la vacanza riprende il duro lavoro. L’espressione viene usata per indicare la persona che se l’è goduta per diverso tempo, scialacquando tutti i beni e si ritrova in miseria. Le pagliette erano generalmente usate dalle  “dame e damigelle” delle famiglie signorili; quando il patrimonio familiare, per cattiva amministrazione, decadeva, finiva per l’intera famiglia il tempo delle pagliette.

 

Est fillu de mamma bona: è figlio di buona mamma. Si dice di chi si comporta male nei confronti del prossimo. Si dice volgarmente: “ Est unu bellu fill’ ’e bagassa”! = E’ un grandissimo figlio di puttana.

 

Est fillu de mamma; est fillu de babbu: è figlio di mamma; è figlio di babbo. Si dice del bambino o bambina particolarmente  affiatato con la madre o col padre. Non si usa in senso negativo.

 

Est fillu de sa pudda bianca: è figlio della gallina bianca. Il detto si usa per indicare una persona, sia in seno alla famiglia che alla società,  che gode di privilegi più di quanto obiettivamente meriti  .

 

Est prus facili a liai che a donai: è più facile prendere che dare. Non sempre è così: al mondo ci sono quelle persone ( è pur vero che sono poche), che danno per empito di generosità, senza la pretesa di avere qualcosa in ricambio.

 

Est una cummedia de maccus: è una commedia di matti. Espressione che si usa quando ci si trova in un assemblea, nella quale regna il caos assoluto: tutti parlano, gridano, ridono, cantano, gesticolano ed altro!

 

Esti cumenti de sciacquai sa facci a su burriccu: come lavare il viso all’asino. Si tenta spesso di far rinsavire una persona che permane ostinatamente nel torto. Quando ci si stanca si usa questa espressione. Lavi il viso all’asino, ma sempre asino rimane!

 

Esti mellus dolori in bussa che dolori in coru: è più sopportabile il dolore per la borsa(borsellino o portafoglio) che il mal di cuore ( non in senso fisico). È proprio così, le preoccupazioni di carattere affettivo spesso sono più dolorose di quelle di natura economica. Si dice anche: mellus dolori in oru che dolori in coru.

 

Esti spacciàu s‘ollu hermànu: è finito l’olio d’oliva. Come il precedente.

 

Esti spacciàu s’ollu de procu: è consumato il grasso di porco. Dopo una situazione di benessere, economico s’intende, ritorna per la povera gente la miseria di sempre. Il detto si adatta inoltre alle persone che abusano senza risparmio nel periodo di “grassa” e nel periodo di “magra” piangono miseria.

 

 

 

   

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